INDEPENDENT PUBLISHING

Un passato importante nel settore dell’editoria – ex Direttore Generale libri Trade del gruppo Mondadori e CEO di Einaudi, per dirne una – Riccardo Cavallero ha fondato nel 2016 SEM (Società Editrice Milanese). Come primo libro pubblicheranno un inedito di Federico Fellini, L’Olimpo. Il racconto delle passioni erotiche e drammatiche degli Dei, un’occasione per ripercorrere gli archetipi della nostra immaginazione in modo onirico e pungente, come solo lui sapeva fare, uno dei più grandi narratori del secolo scorso. Adesso, però, è il caso di soffermarsi sulle parole dell’Editore.

Parliamo di follia. La scelta di aprire una casa editrice nel 2016, quanto è folle?
In un mondo dove la parola innovazione è la chiave di tutto, l’editoria libraria è rimasta essenzialmente invariata da Gutenberg in poi. Anche il processo di creazione di un libro non è cambiato. Dopo 25 anni di esperienza internazionale (Stati Uniti, Spagna/ Sudamerica e Italia) con l’amico Mario Rossetti – socio Fondatore di Fastweb e innovatore di vocazione – abbiamo deciso di provare a cambiare un po’ le regole del gioco. Struttura snella, professionalità solide e propensione all’editoria sartoriale. I libri sono trattati nella loro individualità, come prodotti unici. Spariscono le collane e l’omologazione dei formati in base a logiche corporate. L’unico brand che ci interessa è l’autore e la qualità delle sue storie. Non a caso abbiamo scelto un nome retrò e “trasparente” come Società Editrice Milanese. Per comunicare noi stessi non spendiamo neanche un euro. Investiamo in tecnologia e attenzione al servizio, invece. Per esempio, siamo i primi in Italia (e tra i primi al mondo) a offrire al lettore la versione digitale e-book e quella audio comprese nel prezzo dell’edizione cartacea. Vendiamo storie, e un lettore deve essere libero di decidere come accedere a esse.

È il caso di puntualizzare cosa si intende per Editore. Che professione è oggi?
Fino all’avvento del digitale l’editore era, nel bene e nel male, colui che decideva cosa si sarebbe o non si sarebbe letto. Adesso questo non è più pensabile, la letteratura oggi è sicuramente più democratica e disintermediata, ma ci sono in giro moltissimi libri di livello infimo, in quanto la tipologia del business editoriale non consente più la cura e i tempi editoriali necessari per ottenere una qualità soddisfacente. Non sto parlando solo di alta letteratura, ma anche di progetti più popolari. Noi vogliamo riportare al centro del processo la figura dell’editore. Non è un’operazione nostalgica, è una scelta anche di business lungimirante. L’editore deve essere il braccio destro dell’autore, il suo coach non il suo aguzzino.

C’è un incontro, un momento o un fatto, che ti ha segnato e indirizzato verso questa realtà?
È stato tutto abbastanza casuale. Mi occupavo di finanza, merger&acquisition. Poi, avevo circa 30 anni, sono entrato in Mondadori come Direttore Marketing. Io parlavo di libro come “prodotto” mandando in bestia molti dei miei colleghi. Mi davano del selvaggio, ma poi c’è stato il click . Quando mi hanno cercato per un altro lavoro, ho realizzato in un secondo che fare l’editore è il più bel mestiere del mondo e che volevo restare in un settore arcaico, ma affascinante. È un mestiere difficilissimo, totalizzante ed ad alto contenuto di stress. C’è una alchimia strana che non ho riscontrato in nessun altro settore. Certo, avere come controparte Ken Follet, Vargas Llosa o Nicolò Ammanniti aiuta a giustificare gli sforzi che si fanno nel quotidiano.

 A cosa serve leggere?
Serve ad avere uno sguardo più ampio sul mondo e a non avere paura. Serve a riconoscere punti di vista diversi dal nostro. Serve a non fermarsi, a non smettere mai di modificarsi e di imparare.

C’è una ricetta per capire se un libro è “buono”?
È molto complicata e cambia tutti i giorni. Mille ingredienti e neanche una bilancia per pesarli. Solo l’esperienza, il fiuto e un po’ di fortuna.

Come è stato scovato questo inedito di Fellini, che uscirà a fine gennaio?
Il nostro Direttore Editoriale, Antonio Riccardi, ha collaborato per molto tempo con Rosita Copioli, curatrice del testo, una delle studiose più affermate del Maestro Fellini. È stata un’operazione molto complicata, ma siamo fieri e orgogliosi di dare il via alle nostre pubblicazioni con un testo di questo spessore. Pensate che nell’idea di Fellini, il testo doveva contenere in nuce un soggetto per una serie TV. Questo quarant’anni prima del fenomeno Netflix. A proposito di attualità.

Se dico stile ed eleganza, a cosa pensi?
Penso alla cerimonia del Nobel dell’82 e alla meravigliosa guayabera bianca di Gabriel Garcia Marquez, di cui ho avuto la fortuna di essere amico ed editore durante i miei anni spagnoli. Una persona mite e dolcissima, di una semplicità disarmante, per niente divo, ma con una stile inconfondibile sulla pagina scritta come nella vita. Era elegantissimo, pur non essendo affatto un adone. Gabo era Gabo perché non doveva dimostrare niente a nessuno. Quando è mancato non ho esitato a farmi 20 ore di aereo in tre giorni per andare al suo funerale. Unico.

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