FROM THE NET TO INTERNET

Photo by Chiara Bonetti, t-shirts Lola Love Atelier

Tutti siamo abituati a conoscere Luca Vettori e Matteo Piano come giovani pallavolisti di talento, vincitori dell’argento olimpico a Rio 2016 e giocatori nella società di pallavolo più “titolata” d’Italia, l’Azimut Modena Volley, che in questi giorni si sta preparando ad affrontare la semifinale contro Civitanova, dopo la vittoria contro Verona nei quarti di finale dei playoff. Siamo meno abituati, forse, a conoscerli come “Vetto” e “Teuzzo”, i due simpatici e frizzanti speaker della webradio “Brodo di becchi”, una piattaforma in cui i due ragazzi, con un’intesa perfetta e un pizzico d’improvvisazione, sono liberi di aprirsi agli altri in modo autentico, diretto e spontaneo, trattando temi universali, che spaziano dalla musica al cinema, dalla poesia al teatro e molto altro ancora con ricercata sensibilità artistica.

È impossibile iniziare senza chiedervi l’origine del nome “Brodo di becchi”.
L, M: Il nome Brodo di becchi nasce una mattina in un caffè a Modena, mentre cercavamo di ordinare le idee in merito alla radio, e soprattutto mentre cercavamo ispirazioni per un nome che ci identificasse e che rimanesse impresso nella mente di tutti. Proprio sul più bello, in balia di una ricerca che non ci premiava, nel caffè comparvero due baldanzose signore che cominciarono a parlare di questo brodo dei becchi, il brodo che le mogli preparano all’ultimo minuto, quando, impegnate e trafelate, hanno ben altro a cui pensare. Subito incuriositi dall’ironia della parola, chiedemmo ragguagli in merito. Era proprio il brodo degli avanzi, che le mogli più ardite preparavano ai mariti cornuti, i becchi. Questa formula ci conquistò, e senza apparenti motivi (chissà, si è tutti un po’ becchi) divenne l’esatta calzamaglia per il nostro super potere: la webradio!

Da dove traete le suggestioni per le vostre puntate?
L,M:
Nell’ultimo periodo abbiamo trovato una bella continuità negli argomenti e nelle soluzioni formali che costituiscono la puntata. C’è una categoria di episodi più argomentali e narrativi che solitamente strutturiamo attraverso tre atti. Gli argomenti sono vari e sorgono da stimoli personali, che poi mettiamo in comune al momento dell’elaborazione della puntata. È capitato che durante l’episodio accompagnassimo la voce ad un gesto, un atto vero e proprio, come ad esempio la pittura, il rituale del tè, l’impasto del pane, un vero e proprio viaggio ed altro ancora. Abbiamo avuto tanti ospiti amici per parlare di musica, sport e culture differenti. Per quanto riguarda gli argomenti, al momento della “regia”, ci compaiono come una mappa, se scorgiamo la direzione indicata cerchiamo di seguirla, senza tralasciare il piacevole gioco dell’imprevisto e dell’improvvisazione. Ci piace definirci come “una radio nomade”, una radio sempre in viaggio, sempre curiosa, sempre aperta ad incontri e avventure. L’altra categoria è meno frequente e più scanzonata, più leggera, ha un vero e proprio nome a parte, “puttanabend”, ovvero la serata delle cavolate, la serata delle tamarrate anni ’90, con tanto divertimento, un po’ di humour no-sense, e un pizzico di nostalgia.

Durante le puntate parlate senza filtri, come se vi rivolgeste a degli amici, quelli veri, a cui si possono affidare pensieri e riflessioni personali, apparentemente senza un ordine preciso, random, anche a partire dalle sensazioni che suscita una parola. Come mai avete sentito l’esigenza di mostrarvi e di comunicare al di fuori della vostra professione di atleti?
L:
L’interrogativo che mi sono posto, prima di costruire la radio, è sempre stato come funzionasse il rapporto tra atleta e pubblico, mi pareva forzatamente unidirezionale, senza mai uno spazio per un istante più intimo – più vero. La radio è divenuta un buon mezzo per incuriosire, attraverso racconti e riflessioni, canzoni e letture. Quando qualunque istante può essere tramutato in immagine è stato bello, invece, credere che l’istante condiviso potesse diventare una voce in una radio. Il tono delle nostre chiacchierate è sempre sul filo tra il serio e lo scherzoso, dietro ogni angolo di serietà è in agguato una bella boccata di sana ironia. Proprio come accade nel misto calderone di un brodo!
M:
La semplicità è il miglior modo di interagire con gli altri. L’essere visto come atleta fatto e finito mi mette sempre in difficoltà, perché è come se fossimo coperti da una sorta di mantello che cela il nostro essere persone. Attraverso la voce, semplice e scorrevole come un piccolo torrente, possiamo interagire essendo noi stessi, senza avere un impatto visivo predominante bensì provando a far ricercare le vibrazioni prodotte da un “sentire” più profondo a volte di quello che possono donare gli occhi.

Brodo di Becchi e artigianalità sostenibile. Come nasce la collaborazione con Lola Love Atelier?
L,M:
E’ cominciato tutto per caso, proprio come la nostra stessa amicizia con Lola: siamo passati dal suo atelier nel centro di Modena, alcuni capi in esposizione ci sono sembrati molto belli e le abbiamo proposto una collaborazione per un progetto. Con molta lentezza abbiamo messo insieme i pezzi del progetto, abbiamo pensato di coinvolgere un artigianato che potesse aiutare e sostenere: ci siamo messi in contatto con alcune donne ed alcuni ragazzi della città di Goma, in Congo, per cercare di contribuire al loro sostentamento. Hanno realizzato, facendo tesoro del loro saper essere artigiani, zainetti, cravatte e papillon. Con gli stessi materiali da loro utilizzati abbiamo realizzato delle t-shirt ideate da noi e da Lola. Lei si è occupata, con infinita pazienza, di aprirci tutte le porte per consentire la realizzazione di questo lavoro, ed inoltre, con altrettanta abilità, ha saputo tessere la rete dei contatti dell’artigianato italiano. Il nostro intento è quello di mantenere una costante continuità nella collaborazione con i ragazzi artigiani africani, cercando di coinvolgerli nel modo più personale, utile possibile, con l’impegno, appena liberi da impegni sportivi, di andare a trovarli a Goma.

Dal 17 febbraio Brodo di becchi è diventata ufficialmente un’associazione culturale a cui chiunque può iscriversi. Cosa significa questo per voi?
L,M:
Spesso ci siamo e ci hanno definito come una radio che avvera. Essere un’associazione culturale vuole dire, con infinita pazienza e grande forza di volontà, provare ad unire molte persone che credono nelle nostre idee e che hanno a loro volta dei progetti che vorrebbero divulgare. Vogliamo essere utili e metterci al servizio degli altri; ed inoltre il fatto di aver costituito un’associazione ha suscitato un sincero entusiasmo che ci ha colpito molto e ci ha dato speranza nel credere che tutta questa buona energia ed interesse, che stanno ruotando attorno a Brododibecchi, siano la benzina necessaria per coltivare dei piccoli sogni da concretizzare tutti insieme.

Quali sono i vostri progetti futuri?
L,M:
I progetti futuri sono innanzitutto riuscire ad essere sempre più costanti nell’avventura della webradio, che va considerata senza dubbio come l’anello in grado di far girare tutto il meccanismo. La nostra ambizione è quella di bussare alla porta (all’orecchio) di persone che non ci conoscano in quanto atleti e abbiano sentito parlare della radio attraverso altri canali, altre realtà. Per questo stiamo meditando, seguendo la nostra nomade natura, di girovagare in viaggi, di tenere incontri in spazi nuovi che vertano argomenti a noi sempre più affini, spaziando tra la cultura e l’artigianato, lo sport e l’educazione. Riconosciamo nello spazio dell’incontro un’ulteriore prova che possa farci capire quanto ciò di cui chiacchieriamo in radio possa divenire concreto, condiviso, e possa presentarsi vivo come una speranza realizzabile, una consapevolezza.

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