Bad Deal, Street style e story telling per il brand finalista di WION

Lei ha studiato fashion journalism e ha lavorato in redazioni importanti, lui è un conosciuto street artist e writer. Marina Rubini e Zoow24 hanno fondato insieme Bad Deal, marchio di streetwear in cui ogni capo, dalle T-shirt al denim customizzato, è confezionato dentro a un libro e accompagnato da una favola. Colpisce l’attitudine al racconto, declinata in vari modi, dalla realizzazione dei capi al packaging, che sicuramente è un importante tratto distintivo del lavoro dei due giovani creativi, così come la propensione alle collaborazioni e alle contaminazioni di stile. Finalisti dell’ultima edizione declinata al maschile dell’importante concorso “Who is on Next?”, tenutasi lo scorso giugno a Pitti, Marina e Zoow24 sono tornati a Firenze dove già avevano portato Bad Deal nelle ultime edizioni della fiera. Noi abbiamo intervistato Marina, per farci meglio raccontare non solo l’esperienza fiorentina, ma anche il mondo creativo e i progetti del brand.

Partiamo dall’esperienza di WION. Cosa ha rappresentato per voi? Qual è l’importanza di un concorso come questo? Che ricordi portate con voi di questa manifestazione?
Ricordo la sera prima della presentazione ufficiale della nostra collezione. Eravamo nella nostra casa sui colli bolognesi e nell’aria c’era una gran bella energia. Abbiamo staccato la spina da quella collezione che ci ha tenuti sui tavoloni da taglio per gli ultimi due mesi, giorno e notte e fino al momento di uscire davanti alla giuria. Ci siamo dimenticati di tutta la tensione e la fretta che ci avevano portato fino a lì. È stato come se la collezione fosse sempre esistita e vivesse di vita sua da sempre. WION è stata per noi l’occasione di confrontarci con altri talenti, di scoprire come lavorano, come vedono la moda, come sono arrivati lì, qual è stato il loro percorso.

Mi raccontate la collezione che avete portato a Pitti?
Abbiamo presentato una collezione ispirata al confronto tra l’immobilità dei monumenti delle città e la fugacità di un treno che passa, senza fermarsi in banchina. Abbiamo preso capi classici e polverosi del guardaroba maschile e li abbiamo contaminati di contemporaneità. L’intramontabile trench sfoderato e rifoderato con una tela, completamente riempito di scritte e graffiti. Che sono la nostra anima, il mondo dal quale veniamo. Quello della scrittura su carta stampata e quello della street art sui muri e sulle lamiere. Abbiamo chiamato questa collezione “ASAP”, che sembra un po’ essere il mantra di questa nostra generazione che vuole tutto e possibilmente subito e l’abbiamo messo in relazione con gli anni ai quali noi ci ispiriamo, che sono quelli che ci hanno visti bambini . Quelli di Beat Streat e delle Tartarughe Ninja. Anni nei quali il momento aveva una sua importanza. Oggi sciupiamo il tempo, senza nemmeno rendercene conto. Per quanto riguarda lo stile, invece, abbiamo accostato materiali sacri come il fresco di lana di Ermenegildo Zegna e altri profani come il triacetato delle tute vintage adidas. La seta e la spugna. I moschettoni degli zaini Invicta usati per regolare le maniche delle felpe. I nostri jaquard declinati in bomber, maglioni, tute intere.

Più in generale, quali le caratteristiche del marchio? Che cosa vi contraddistingue?
Una bulimia creativa. Una continua ricerca di “diverso”. Siamo un incidente estetico.

Come immaginate il vostro acquirente? Chi indossa i vostri capi e a chi pensate quando li create?
Non pensiamo a nessuno in particolare quando disegniamo, altrimenti questo ostacolerebbe la nostra creatività. I nostri capi, oggi, li indossano i rapper, i ragazzi che vogliono la grafica forte sulla T-shirt, ma anche la donna che abbina la giacca di jeans costumizzata all’abito lungo o il maglione alla gonna di seta plissettata.

C’è dietro al marchio una grande voglia di raccontare, lo story telling è proprio nel vostro dna. Non è un po’ in controtendenza in un momento storico in cui vince l’immagine modificata con un filtro, la realtà distorta di certi social?

In assoluta controtendenza. È la nostra sfida!

Spring/Summer Collection 2018

Parlando di social. Quanto è stato importante il web per voi in queste poche stagioni dalla nascita del marchio?
Ci ha messo in contatto con tante persone che ci scrivono per avere qualcosa di Bad Deal, per sapere dove possono trovarlo, che fanno il tifo per noi.

In che modo si lavora in due e come vi dividete i compiti?
Facciamo tantissima ricerca, ognuno per i fatti suoi, in modo da poter essere davvero liberi di elaborare le idee e di abbozzare la collezione. Sono periodi lunghi, nei quali ci facciamo coinvolgere da tutto. La filosofia con la quale viviamo questi momenti è “Steal the best”, rubiamo il meglio dalla natura, dagli animali, dalla città. Poi arriva la fase di confronto, di interminabili giornate nel nostro studio. Iniziamo così a decidere cosa vogliamo comunicare. Poi insieme seguiamo la campionatura. Io la parte dei tessuti, dei colori, delle lavorazioni. Lui quella delle grafiche. Per un prodotto come il nostro, che lavora molto con lo jaquard, è fondamentale che la grafica venga tradotta in maglia, così come è stata disegnata.

Proprio per come vi presentate, per il packaging dei capi, le collaborazioni, anche se il vostro pubblico potrebbe essere molto giovane, vi vedo prendere le distanze da quel fast fashion a cui molti ragazzi si rivolgono. Sbaglio?
Vero. Veniamo dalla cultura dei giocattoli. Ne abbiamo interminabili collezioni, per questo ci piace vendere un prodotto che abbia l’involucro che merita. Un capo contemporaneo, ma con la sua identità, che non vuole essere confusa.

Mi date una anticipazione su cosa state lavorando al momento? Progetti e sogni per il futuro?
Stiamo creando i contenuti per il nostro e-commerce, che lanceremo a breve. Vogliamo farlo crescere in modo da poter rispondere a tutte quelle persone che vorrebbero un pezzo di Bad Deal. Inoltre, stiamo lavorando a delle belle collaborazioni. Una delle quali nata grazie a WION.

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Fall/Winter Collection 1718

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